"Dipingo perchè solo davanti alla tela bianca trovo quell’equilibrio che non ho mai avuto nella vita: odio e amore che ho per essa".
Aldo Pagliacci
Ischia, 15 dicembre 1987
La ragione sul perchè, alla fine degli anni ‘40, Forio divenne residenza, rifugio, ritrovo, di artisti di fama mondiale e di altri che lo sarebbero diventati dopo, non sarà mai chiarita fino in fondo. Forse, perchè di motivazione ce n’era più d’una, o forse perchè, dopo più di mezzo secolo, la spiegazione è più semplice di quel che si pensi: Forio era un paese bellissimo! Beninteso, lo è ancora, ma non più nel modo in cui lo era allora, e non è la semplice constatazione del tempo che passa, delle cose che inevitabilmente cambiano, a suggerire questa lettura.
Favoloso!
Subito dopo la II guerra mondiale, l'
isola d’Ischia comincia il suo faticoso percorso di riconversione da un’economia agricola e di piccolo commercio, a quello sviluppo turistico che la porterà ad essere località di chiara fama mondiale. Gli anni ‘50 sono stati gli anni in cui si è realizzata questa delicata transizione: un’isola che si affacciava al mondo, per quanto in realtà avesse già una storia millenaria alle spalle, ma che ancora si presentava pressoché incontaminata dal punto di vista paesaggistico e ambientale. Forio, in particolar modo, ha conosciuto il boom del turismo più tardi rispetto ai comuni settentrionali dell’isola,
Ischia,
Casamicciola Terme e
Lacco Ameno, per cui questo delicato equilibrio tra valorizzazione economica del territorio e preservazione delle sue specificità ambientali si è mantenuto più a lungo, attirando personalità che, per sensibilità artistica e caratteriale, erano certamente in grado di cogliere queste sfumature.
Uno dei grandi artisti che elesse Forio a suo
buen retiro, sino a farne, sul finir della vita, sua seconda casa, fu il
pittore,
incisore,
liutaio,
Aldo Pagliacci (1913 - 1990). Nato a San Benedetto del Tronto, ben presto si trasferisce con la famiglia a Pesaro dove compie i suoi studi artistici e, dove, sin da giovanissimo, mostra doti non comuni nella difficile arte della pittura. A soli 20 anni decide di trasferirsi in Africa, dove partecipa alla
campagna di Etiopia e dove si trattiene ben oltre il termine di quella sciagurata avventura coloniale. Gli anni "
africani" di Aldo Pagliacci, conditi dall’esperienza della guerra e della prigionia in un campo di concentramento in
Rhodesia, sono decisivi per la sua maturazione artistica e umana. Le sofferenze vissute però non traspaiono mai direttamente nella sua arte, a vantaggio di scene di vita vissuta, dalle gesta dei predoni nel deserto, al bivaccamento notturno, passando per interminabili ed assolati paesaggi. Questa preferenza per il paesaggio, per attimi di vita che assumono significatività solo al momento della loro resa su tela, gli valsero l’accostamento della critica al
simbolismo metafisico di un altro grandissimo pittore italiano,
Giorgio De Chirico (1888 - 1978) a cui lo legò artisticamente, in età adulta, anche una spiccata preferenza per le nature morte.
Pagliacci arrivò a Forio nei primi anni ‘50, insieme - si fa per dire - ad altri artisti come
Auden,
Bargheer,
Gilles, che in quel periodo movimentavano la vita culturale del paese delle torri, trascorrendo interminabili giornate ai tavolini del famoso Bar Internazionale, meglio conosciuto come
Bar Maria. Pagliacci no, o comunque in maniera molto minore, preso com’era dalla smania del viaggio che in quegli anni lo portò ad alternare freneticamente lunghi soggiorni in giro per il mondo:
America Latina,
Stati Uniti,
Roma, dove aveva studio, la sua
Pesaro e poi di nuovo
Forio.
Negli anni ‘80, dopo tanto girovagare e dopo la perdita di una gamba a causa di seri problemi circolatori conseguenza dell’eccesso di alcool, Aldo Pagliacci si trasferì definitivamente a Forio, nella stessa abitazione, nel cuore di quei vicoli saraceni, in
via San Giovanni, dove aveva sempre risieduto nei suoi frequenti soggiorni sull’isola.
A Forio è morto nel 1990, senza però che le istituzioni locali gli riconoscessero, almeno da morto, quel giusto tributo che egli, fedele alla sua formazione anarchica, aveva sempre sfuggito in vita. I suoi resti giacciono infatti nella
fossa comune del cimitero di Forio.